È uscita la nuova edizione, dopo il fortunato esordio della prima (6mila copie vendute), del libro sul «piccolo guerriero della luce», scritto da Enza Maria Milana e Valerio Bocci.
VALERIO BOCCI*
Ci sono bambini che giocano con il telefonino e corrono felici. Belli e in salute come quelli della pubblicità. E altri, tanti altri, che si vedono interrompere l’allegra corsa della vita da avvenimenti dolorosi ed improvvisi. Sono le vittime casuali di violenze gratuite e assurde “firmate” da gente folle. O bersaglio di bombe “intelligenti” sganciate dagli aeri mentre vanno a scuola e di onde violente che li schiacciano in fondo al mare o in cerca di una terra libera in cui vivere. Di loro se ne parla il tempo di un telegiornale o di un articolo su un quotidiano, poi vengono presto dimenticati dalla memoria collettiva con buona pace per tutti.
Ce ne sono altri poi che vengono “cancellati” dalla vita ma che fanno parlare a lungo di sé. Perché sono normali e speciali al tempo stesso. Perché, senza volerlo e a loro insaputa, salgono in cattedra e danno lezioni di vita agli adulti.
Uno di questi è Manuel Foderà di Calatafimi, un bambino che «sognava di vivere fino a 150 anni» e, invece, come tanti altri suoi compagni di viaggio, è stato spazzato via da un tumore a soli 9 anni. Il “piccolo guerriero della Luce”, come si autodefiniva, se ne è andato in Cielo il 20 luglio 2010, dopo aver lottato per cinque anni a colpi di chemio, giochi, sorrisi e preghiere contro il neuroblastoma che aveva intaccato il suo bacino. Un bambino normalissimo ma anche molto particolare per come ha riempito il breve segmento della sua vita e per ciò che ha scritto nei suoi racconti e nelle numerose lettere indirizzate agli amici, ai dottori, ai preti, ai vescovi, al papa emerito Benedetto XVI. E, soprattutto, con il coraggio con cui ha guardato in faccia il male come sanno fare soltanto i piccoli che sono grandi “dentro”.
«Il vostro amore sarà la sua forza!»
I primi segnali del nemico invisibile arrivano un mattino che avrebbe dovuto essere come tanti altri. Manuel si sveglia con un forte dolore alla gamba destra accompagnato da una febbriciattola insistente che fa presagire qualcosa di strano. Il medico di famiglia, visitandolo, scuote la testa preoccupato. Capisce che non c’è tempo da perdere e prescrive una serie di esami urgenti. Il 27 luglio 2005, il bambino viene portato in autoambulanza all’ospedale di Palermo per quella che sarà la prima “stazione” di una via crucis dolorosa e senza fine.
I timori del medico trovano conferma nel referto dell’“aspirato midollare”: “infiltrazione massima da neuroblastoma di IV stadio nelle creste del bacino”. In una parola: tumore maligno. La notizia si abbatte con la violenza di uno Tsunami sul bambino e sulla sua famiglia.
Il primario tenta di esorcizzare la paura che legge negli occhi della mamma, lasciando aperta la porta alla speranza: «Anche se la percentuale di sopravvivenza fosse del 10%, dovete lottare e sperare per il suo piccolo. Coraggio! Manuel ha bisogno di lei, di suo papà, di sua sorella e di suo fratello. Il vostro amore sarà la sua forza!».
Il verdetto non ammette ricorsi o appelli. In un attimo, l’allegro passerotto, che finora cinguettava allegro nel nido di famiglia, è ferito gravemente e rischia di non volare più.
Mamma Enza e papà Beppe sono frastornati. Inebetiti da quel “90%” contro cui devono lottare, novelli Golia contro un gigante crudele e ben armato. Potrebbero gettare la spugna prima di iniziare il match impari e (bestemmiare) imprecare contro il Cielo, oppure giocarsi l’unica carta per non morire dentro: il jolly della fede che li ha sempre guidati nella vita. Dentro di loro lasciano echeggiare il Salmo 23: «Il Signore è il mio pastore. Se anche dovessi camminare in una valle oscura, non temerei alcun male, perché tu sei con me». Sanno di non essere soli nei sentieri inesplorati del dolore innocente del figlio. C’è Qualcuno che li ha già percorsi e non li abbandonerà mai.
Un Amico davvero speciale
I medici sono stati chiari: bisogna aggredire il nemico da subito per non concedergli margini di manovra. Il 12 agosto, una data che rimanda alle estati precedenti al mare, Manuel entra terrorizzato in sala operatoria per l’asportazione della massa tumorale. Due giorni dopo è sottoposto al primo degli oltre 20 cicli di chemioterapia dai devastanti effetti collaterali: la perdita dei capelli, uno “sfregio” che Manuel accetterà solo per offrirlo, come “fioretto”, al suo amico Gesù, alle ripetute emorragie e alle ferite che incideranno il suo tenero corpicino.
Le cure si rivelano lunghe e inefficaci. Manuel alterna momenti di tranquillità a scatti ribelli di chi vuole andare a casa e smetterla di curarsi.
La permanenza forzata in ospedale gli riserva, però, una piacevole sorpresa. Viene a sapere, da suor Prisca, una sorella francescana del Vangelo, che non molto distante dalla sua cameretta c’è la cappellina dell’ospedale. Manuel chiede alla suora di accompagnarlo per mettere la sua testolina vicino al tabernacolo, come per ascoltare il battito del suo nuovo Amico.
Tra lui e Gesù l’intesa cresce giorno dopo giorno. Qualche tempo dopo, alla vigilia di Natale del 2009, la racconta così in una letterina ai suoi compagni di scuola: «Quando la mia vita era buia e addolorata – scrive con la gioia di chi ha trovato “il tesoro nel campo” –, ho incontrato un Amico davvero speciale. Mi ha dato la sua mano e io mi sono fidato di Lui. Ed è stato così che Lui è entrato nel mio cuore per sempre. È un Amico che non si vede, ma c’è. Non mi lascia mai solo. Mi tiene stretto al suo cuore e mi dice: “Il tuo cuore non è il tuo ma il mio, e io vivo in te!”. È un Amico davvero, davvero speciale!».
Poi, come quasi a voler svelare il segreto della loro amicizia, prosegue: «Per parlare con Lui e sentirlo vicino a me devo usare un cellulare speciale, un cellulare che si chiama “preghiera”. Devo pregare molto e concentrarmi, perché è un momento importante tra me e Lui».
E il “momento importante” ha un nome: Comunione. Con un permesso speciale del vescovo di Trapani, ottiene di anticipare il Primo Incontro con Gesù a sei anni, il 13 ottobre 2007.
Poco prima che il sacerdote gli presenti l’Ostia bianca, sussurra alla mamma:
«Sto per ricevere Gesù: mi batte forte il cuore».
Subito dopo affonda il volto nelle mani e rimane in silenzio in un “a tu per tu” che dura diversi minuti.
Quando ha concluso il ringraziamento, confida ancora a mamma Enza qualcosa di sorprendente e indecifrabile che diventerà per lui abituale: «Mamma, ho sentito la voce di Gesù, così come tu senti la mia, ma sono riuscito a parlargli e Lui mi rispondeva nel mio cuore. Che bello! Sono felice».
Dopo altre “Comunioni”, annuncerà felice che andrà a casa per una breve vacanza prendendo tutti in contropiede visto le precarie condizioni di salute. E, sorprendendo gli stessi medici, non si sbagliava. Oppure, quando, sempre riemergendo dal lungo colloquio di ringraziamento, faceva sapere che in serata ci sarebbero stati i fuochi d’artificio, la sua passione, senza che nessuno gliene avesse parlato. E, effettivamente, nel buio della notte fiorivano in cielo grappoli di luce coloratissimi.
La Comunione era diventata, come scriveva ancora nella letterina di Natale, «il momento più bello della nostra amicizia. Quando lo mangio, dentro di me è come se entrasse una bomba di grazia e di benedizione che mi fa stare meglio e protetto, perché Lui mi ama molto, più di quanto io lo possa amare! Vorrei che questo mio amico diventasse per voi un amico talmente speciale da non poter vivere senza di Lui».
Il piccolo guerriero della Luce
Tra gli auguri che riceve, in occasione della Prima Comunione, ci sono quelli della sua “cara fatina” Florinda che gli scrive, tra l’altro: «Anche se sei un bambino, Gesù ha bisogno di te per una missione importante che hai iniziato con la tua sofferenza. Se camminerai sempre al suo fianco, potrai portare a tutti perdono, consolazione, luce e immensa gioia».
Manuel rimane come folgorato dalla parola “missione”. Il suo Amico gli sta chiedendo, per caso, qualcosa di importante? Quel “qualcosa” lo scopre Comunione dopo Comunione. Durante le feste di Pasqua del 2009 scrive a suor Teresa del Monastero di Giacalone (Monreale): «Questa mattina, nella Comunione, Gesù mi ha detto: “Ho bisogno di te solo pochi giorni perché sei forte e ne ho bisogno per i bambini dal cuore indurito”».
Anche un’esperta di cose spirituali come suor Teresa, non sa spiegarsi questa “uscita” del bambino. Pensa solo al Padre che nasconde «queste cose ai sapienti» e le rivela ai “piccoli” come Manuel. Un piccolo che sente sempre di più il bisogno di dare una mano al suo Amico per convertire “i cuori duri” di quanti non lo amano, come un “piccolo guerriero della Luce”. Offrendo, semplicemente le sue sofferenze per i bambini malati come lui o per gli amici. Il 25 novembre 2008 scriveva al suo amico Giuseppe, seminarista e oggi prete: «Per la tua festa ho deciso di farti questo regalo. Ti offro il mio dolore per fare un fioretto. Voglio soffrire un poco come ha sofferto Gesù». E, sempre a Giuseppe, il 27 aprile 2009 mandava questo sms: «La mia sofferenza sta servendo a Gesù per cambiare i cuori».
Il suo cuore di “guerriero” che aveva amato… da morire il suo grande Amico, smette di battere il 20 luglio 2010, poco dopo mezzogiorno. Un mezzogiorno di luce. Finalmente Manuel può andare ad abbracciare Gesù, salutato da un delicato applauso dei parenti e degli amici che l’hanno accompagnato nell’ultima battaglia, nell’adorata casa di campagna, poco distante da Calatafimi.
Il piccolo “campione” ha portato a termine la “sua missione Luce” in soli 9 anni di vita. Lui che voleva vivere fino… a 150 anni, ora vive semplicemente… “per sempre”!
In questi giorni è uscita la nuova edizione, dopo il fortunato esordio della prima (6.000 copie vendute). Contiene 32 nuove pagine con le testimonianze di coloro che l’hanno conosciuto personalmente o attraverso la lettura della sua biografia a cura della mamma Enza e di don Valerio Bocci (ex direttore generale ed editoriale della Elledici).
La prima edizione del libro è stata presentata anche a Papa Francesco.