Lettera Pastorale del Vescovo Ivo Muser nell’anno di S. Giuseppe

Lettera Pastorale del Vescovo Ivo Muser nell’anno di S. Giuseppe

(testo originale estratto dal sito della diocesi)

Con Giuseppe di Nazareth attraverso quest’anno e la nostra vita

Care sorelle, cari fratelli nella nostra Diocesi di Bolzano-Bressanone!

L’8 dicembre 1870, solennità dell’Immacolata Concezione della Beata Vergine Maria, papa Pio IX proclamò San Giuseppe patrono della Chiesa universale. Esattamente 150 anni dopo, sempre nella festa dell’Immacolata, Papa Francesco ha stabilito che un “Anno di San Giuseppe” venga celebrato in tutta la Chiesa cattolica dall’8 dicembre 2020 all’8 dicembre 2021. La sua Lettera apostolica “Patris corde”, che vuole promuovere l’amore per San Giuseppe e raccomandarlo come intercessore e figura esemplare, contiene molti impulsi spirituali che vanno ben oltre questo “Anno di San Giuseppe”.

“Giuseppe, suo sposo, che era uomo giusto“ (Mt 1,19)

I Vangeli raccontano molto poco dell’uomo che chiamiamo San Giuseppe. Non ci è stata tramandata una sua sola parola. Giuseppe non è un uomo di grandi parole; è un uomo dei fatti. Di lui si dice: egli “fece come gli aveva ordinato l’angelo del Signore e prese con sé la sua sposa“ (Mt 1,24).

È l’uomo che non è assente dove c’è bisogno di lui, proprio di lui. Giuseppe è un uomo che viene dal silenzio ed è presente: attraverso una sensibilità attenta, con un atteggiamento chiaro e con un’energia pratica. Combina tenerezza e forza. Ed è per questo che Dio gli affida la cosa più preziosa della storia della salvezza: “Il bambino e sua madre”. Troviamo questa affermazione ben sei volte nel Vangelo di Matteo!

Cosa c’è nel cuore di quest’uomo? “Giuseppe, suo sposo, che era uomo giusto“– così lo caratterizzano le Sacre Scritture (Mt 1,19).

Vuol dire: è un uomo retto, pienamente affidabile e integro, un uomo concentrato su Dio e su ciò di cui gli altri hanno bisogno, una persona che va nella direzione giusta. Giuseppe non capisce il grande mistero di Maria, ma non giudica dalle apparenze; è sensibile a una verità più profonda che trascende lui e tutti noi. Giuseppe si muove sempre nel solco di ciò che il popolo d’Israele ha ereditato da Abramo e che nella sua esistenza non ha mai smesso di imparare, spesso in situazioni difficili e dolorose. Della vocazione e del cammino di Giuseppe – come di tutta la storia del popolo d’Israele – fa parte il buio dell’incomprensibilità di Dio.

In Giuseppe, il giusto, diventa chiaro che non si può avere Gesù senza le sue radici ebraiche e che l’ebraismo è la madre terra della fede cristiana. Se solo noi cristiani lo avessimo sottolineato e riconosciuto più spesso nella storia! Gesù è un ebreo. Maria e Giuseppe sono ebrei, come gli apostoli e i primi discepoli di Gesù. L’antisemitismo per i cristiani è un peccato grave e una bestemmia, come i papi Giovanni Paolo II, Benedetto XVI e Francesco hanno ripetutamente sottolineato. L’antisemitismo è come tagliare la radice della fede che ci sostiene (cfr. Rom 11).

Che importanza ha allora Giuseppe per il bambino Gesù, che non discende da lui ma è nato da Maria per un potere che viene da Dio? È importante per integrare questo bambino nella promessa fatta dal profeta Natan al re Davide, e per dargli il nome di “Gesù”. Un nome che esprime e riassume tutta la sua missione in una sola parola: “Egli salverà il suo popolo dai suoi peccati” (Mt 1,21). Quanto ha trasmesso Giuseppe al bambino e giovane Gesù – possiamo ben dirlo senza cadere in false speculazioni – dell’atteggiamento fondamentale di Abramo e del popolo ebraico!

Giuseppe, compagno di cammino e intercessore

Nel corso dei secoli San Giuseppe è diventato il patrono di molte cause: un segno della devozione nei suoi confronti e della sua importanza. Molti uomini e donne in tutto il mondo lo venerano come loro santo patrono. In Alto Adige Giuseppe è il nome maschile più comune.

Invochiamo Giuseppe come patrono della Chiesa universale, affinché noi come Chiesa ci affidiamo alla Parola di Dio, ci concentriamo veramente su Gesù e sul suo vangelo, su ciò che ci chiede, sulla sua volontà, sul suo mistero. Si tratta della SUA Chiesa, non di una Chiesa secondo la nostra volontà e i nostri piani. La Chiesa non è un partito o un’impresa, è “segno e strumento” (Concilio Vaticano II) e deve mantenere viva la domanda di Dio in questo mondo. Siamo chiamati ad essere una Chiesa missionaria e non autoreferenziale. Preghiamo per l‘intercessione di San Giuseppe: Signore, risveglia la tua Chiesa e comincia da me.

Invochiamolo come patrono della famiglia, affinché il matrimonio e la famiglia siano valorizzati e sostenuti attraverso il nostro incoraggiamento ai giovani a fondare una famiglia e a donare vita nuova. Invochiamolo affinché coniugi, genitori e figli possano sperimentare e praticare quanto sia importante essere attenti gli uni con gli altri, essere misericordiosi, perdonare e chiedere perdono. Siamo tutti plasmati dalla famiglia da cui proveniamo e sappiamo anche che la famiglia perfetta e ideale non esiste, perché siamo esseri umani imperfetti. Per noi come Chiesa è significativo che anche quando un matrimonio fallisce resti possibile un cammino di riconciliazione e di misericordia. Le persone coinvolte hanno bisogno della vicinanza e dell’amicizia, anche dell’accompagnamento benevolo e comprensivo nella pastorale.

Invochiamolo come patrono degli uomini e dei padri, affinché gli uomini e i padri sappiano comportarsi come tali, non si sottraggano alle loro responsabilità e non siano assenti dove c’è bisogno di loro. Quanto rimane attuale l’immagine del “custode” e del “protettore”, in special modo della dignità, dello sviluppo e dei diritti dei bambini e dei giovani! “Il mondo ha bisogno di padri, rifiuta i padroni, rifiuta cioè chi vuole usare il possesso dell’altro per riempire il proprio vuoto; rifiuta coloro che confondono autorità con autoritarismo…“, scrive papa Francesco nella sua lettera apostolica dedicata a San Giuseppe. La “festa del papà” proprio il 19 marzo può ricordare alle nostre famiglie, alla società e alla Chiesa quanto siano indispensabili i padri e gli uomini, e quanto sia manchevole una “società senza padre”, non ultimo anche per lo sviluppo religioso dei bambini e dei giovani.

Invochiamolo come patrono contro la violenza sulle donne, affinché sia fermo e concorde il nostro “no” a tutte le violenze contro le donne. Come società ci deve far vergognare il fatto che troppi guardino ancora dall’altra parte e spesso addirittura minimizzino questa violenza. La violenza contro le donne spazia dall’oppressione psicologica alle aggressioni fisiche più gravi, che a volte sfociano in disastri familiari. Anche lo sfruttamento sessuale è una grave ferita alla dignità delle donne. Può avvenire sia all’interno della propria famiglia che attraverso la prostituzione. Papa Francesco ha detto nell’omelia di Capodanno 2020: “Ogni violenza inferta alla donna è una profanazione di Dio. Dal corpo di una donna è arrivata la salvezza per l’umanità: da come trattiamo il corpo della donna comprendiamo il nostro livello di umanità.“

Invochiamolo come patrono dei lavoratori, affinché siano garantite giuste condizioni di lavoro e di retribuzione; affinché le donne siano pagate come gli uomini per il loro lavoro; affinché le leggi del mercato, della redditività, dell’aumento dei profitti non siano le uniche a valere; affinché la proprietà e il capitale siano al servizio delle persone e non viceversa. E affinché non si dimentichi mai che l’essere della persona viene prima del suo lavoro e della sua prestazione: non viviamo per lavorare, ma lavoriamo per vivere. La persona e i suoi bisogni vanno molto al di là dei concetti di efficienza, produttività, profitto e attività. Il lavoro è molto più di una semplice occupazione! L’impegno per posti di lavoro buoni e sicuri ha conosciuto una nuova urgenza con la crisi da Coronavirus. Quanto è importante sostenere ora chi ha veramente bisogno di aiuto!

Invochiamolo come patrono per una buona morte, affinché si possa vivere in modo tale da lasciare questo mondo riconciliati; affinché possiamo dare conto della nostra vita nella certezza che la nostra morte diventi quell’incontro decisivo per cui siamo stati creati e destinati. Invocare San Giuseppe come patrono dei moribondi corrisponde anche all’imperativo di una pastorale vicina alla persona, in tempi in cui cresce la paura fondata di molti anziani e malati di dover affrontare in completa solitudine le loro ultime ore di vita.

Invochiamolo come il patrono della nostra terra, affinché la nostra comunità, a cui questo territorio bello e ricco è stato affidato come casa terrena, sappia trattare il creato con gratitudine, responsabilità, rispetto e moderazione; affinché si scelga una buona e vera convivenza tra i gruppi etnici e si lavori in tal senso; affinché la nostra sia una terra concessa reciprocamente e non negata a qualcuno, non abbia nulla in comune con tendenze nazionalistiche e non degeneri mai più – come nel periodo del fascismo e del nazionalsocialismo – in un’ideologia di “sangue e suolo”. E non dimentichiamo mai: il nostro atteggiamento verso persone di altre culture, lingue, mentalità e religioni inizia sempre nella nostra testa. C’è un legame molto stretto tra pensare, parlare e agire, nel bene e nel male.

Invochiamo San Giuseppe anche in questa pandemia, affinché si possano comprendere le scelte personali e comunitarie che questo tempo particolare, difficile e doloroso ci richiede. Nonostante tutto e attraverso tutto, questa esperienza del Covid è anche un tempo di salvezza per le persone di fede, un tempo di guarigione dal quale possiamo uscire cambiati e rafforzati: se lo vogliamo. Nell’istituire l'”Anno di San Giuseppe” nel bel mezzo della pandemia, papa Francesco pensa alle tante persone “che non compaiono nei titoli dei giornali e delle riviste né delle grandi passerelle dell’ultimo show ma, senza dubbio, stanno scrivendo oggi gli avvenimenti decisivi della nostra storia: medici, infermiere e infermieri, addetti dei supermercati, addetti alle pulizie, badanti, trasportatori, forze dell’ordine, volontari, sacerdoti, religiose e tanti ma tanti altri che hanno compreso che nessuno si salva da solo… Tutti possono trovare in San Giuseppe, l’uomo che passa inosservato, l’uomo della presenza quotidiana, discreta e nascosta, un intercessore, un sostegno e una guida nei momenti di difficoltà. A tutti loro va una parola di riconoscimento e di gratitudine.“

“Credo che Dio operi attraverso i suoi santi“

Una persona che ricorre in modo particolare all’aiuto di San Giuseppe è papa Francesco. Ricordo bene quando, durante la mia visita “ad limina” nell’aprile 2013, un mese dopo la sua elezione, confidò a noi vescovi come nel suo studio ci fosse una statua di San Giuseppe. La particolarità di questa statua è che mostra un Giuseppe addormentato. Papa Francesco raccontò di come fosse solito annotare le sue grandi preoccupazioni su pezzetti di carta, che metteva poi sotto il cuscino di San Giuseppe. Sorridendo, il Papa aggiunse: “I foglietti di carta sono sempre di più”. E poi, con una confidenza disarmante, simile a quella di un bambino: “Credo che Dio operi attraverso i suoi santi. Sono fermamente convinto che San Giuseppe, la cui missione nella vita era quella di proteggere Maria e Gesù, non dimentichi me, voi e tutta la Chiesa”.

Come segno di preghiera e di venerazione, in questo “Anno di San Giuseppe” celebrerò l’Eucaristia nel duomo di Bressanone (19 marzo) e in quello di Bolzano (1° maggio) e in tutte le otto chiese parrocchiali della nostra diocesi dedicate a San Giuseppe, e affiderò il cammino della nostra Chiesa locale al “patrono della Chiesa universale”. Invito tutti i fedeli, le comunità parrocchiali e le comunità religiose ad approfondire il significato di San Giuseppe all’interno della storia della salvezza nella preghiera, in incontri biblici, nei colloqui di fede e nell’annuncio.

Per intercessione di Maria, Madre di Dio, e di San Giuseppe, vi benedica e vi accompagni il Dio Trino, che ci conosce, opera in mezzo a noi e non ci dimentica. Con questa fiducia e con questa speranza possiamo avvicinarci ai giorni pasquali di passione, morte, sepoltura e risurrezione di Gesù, alla festa tra tutte le feste.

 

Il vostro vescovo

+ Ivo Muser                       Solennità di San Giuseppe, 19 marzo 2021

 

 

Allegato alla lettera pastorale – Un possibile segno nell’ “Anno di San Giuseppe“

In occasione dell'”Anno di San Giuseppe”, propongo di pensare all’introduzione del 19 marzo come festa pubblica ufficiale in Alto Adige. La competenza per determinare questo passo non spetta naturalmente alla Diocesi di Bolzano-Bressanone, ma solo al Consiglio provinciale e alla Giunta provinciale. Per questo atto sono necessari un consenso comunitario e una decisione politica.

Da un punto di vista legislativo tale passo è possibile. Il regolamento nazionale relativo alle festività concede infatti ad ogni comune un giorno festivo per la propria festa patronale, stabilita per legge (ad esempio a Roma la festa di Pietro e Paolo il 29 giugno, a Trento San Vigilio il 26 giugno, a Milano Sant’Ambrogio il 7 dicembre, a Firenze, Genova e Torino San Giovanni Battista il 24 giugno, a Napoli San Gennaro il 19 settembre, ecc.). In Alto Adige, con delibera del Consiglio provinciale e della Giunta provinciale, il lunedì di Pentecoste è stato dichiarato giorno della festa patronale comunitaria. Con delibera del Consiglio provinciale e della Giunta provinciale sarebbe quindi possibile in qualsiasi momento sancire la festività del 19 marzo, che dal 1772 è la festa del patrono della nostra terra, al posto del lunedì di Pentecoste. Mentre tutti gli altri giorni festivi in Italia sono di competenza dello Stato o sono regolati dal Concordato fra la Santa Sede e la Repubblica Italiana, la determinazione di una simile “festa patronale” pubblica è di competenza del Consiglio provinciale e della Giunta provinciale dell’Alto Adige.

In aggiunta: a partire dal Concilio Vaticano II, il lunedì di Pentecoste non esiste più nel calendario liturgico della Chiesa. È stato cancellato senza essere sostituito. La Domenica di Pentecoste, la solennità della discesa dello Spirito Santo sulla Chiesa nascente il cinquantesimo giorno dopo la Pasqua, chiude e corona il periodo pasquale e tutto il ciclo delle feste pasquali. Il lunedì di Pentecoste ha il rango liturgico di un giorno feriale; il 19 marzo, invece, è una solennità della Chiesa.

Perchè faccio questa proposta?

Le domeniche e i giorni festivi non sono solo “giorni liberi”, ma un bene culturale di grande importanza al servizio della comunità, di valori che uniscono, del senso di appartenenza, della fede. Abbiamo bisogno della domenica e delle nostre feste con le opportunità sociali, familiari, culturali e religiose che offrono.

Considero oggi un compito importante della Chiesa difendere ciò che non è orientato solo al consumo e al profitto, salvaguardare le nostre feste e soprattutto la domenica, la festa originaria della Chiesa, la Pasqua settimanale.

La proposta di ragionare sull’introduzione del giorno dedicato a San Giuseppe come festività pubblica in Alto Adige in sostituzione del lunedì di Pentecoste si basa su una convinzione: non abbiamo bisogno di più giorni liberi, abbiamo bisogno della domenica e delle nostre festività!

Nel rispetto della nostra società pluralista, aggiungo: le feste religiose e civili sancite per legge vanno a beneficio di tutte le cittadine e i cittadini. Se questa proposta dovesse trovare consenso, non verrebbe tolto nulla a nessuno. Tutti continueranno a godere di una “festa patronale” per legge, come previsto dal regolamento nazionale delle festività.

 

+ Ivo Muser                       Solennità di San Giuseppe, 19 marzo 2021